Se si pensa al ciclo vitale della vite sembra impossibile che una vigna vecchia possa dare del buon vino. Invece, per fortuna, ci sono vignaioli illuminati che le rivitalizzano con molto lavoro e ne ottengono grandi vini: un esempio è sicuramente il Barolo Rocche dell’Annunziata dei F.lli Revello, ma ce ne sono moltissimi altri. Solo una corretta gestione delle vigne vecchie assicura una produzione di uve di qualità: le piante si salvaguardano con potature ben fatte, che non interrompano il ciclo linfatico della pianta e per far questo servono competenza e esperienza. Ma allora è solo una fissazione dei vignaioli più estrosi o le vigne vecchie sono davvero speciali?
Secondo il ciclo vitale, nei i primi tre anni la pianta cresce e si sviluppa, ma è improduttiva. Nei successivi 5 anni la produttività cresce costantemente fino quando la pianta diventa adulta e raggiunge la massima maturità e produttività che resta più o meno costante per 20-25 anni. Da qui in poi la vite comincia a diminuire in modo progressivo la quantità di uva prodotta.
Per alcuni la maturità della pianta si ha verso i 15 anni, altri pensano che la pianta esprima il suo massimo potenziale intorno ai 40 anni: in ogni caso, la cosa importante è il rispetto e la cura per quello che è un vero e proprio patrimonio da preservare e tramandare. In Italia il concetto di “vecchie vigne” come testimoni della tradizione enologica italiana non è ancora ben radicato, contrariamente ai cugini francesi che ne hanno capito l’importanza dichiarandolo persino in etichetta.
Ma etichette a parte, è importante capire che se se da una parte ci sono ragioni di qualità, conservazione del territorio e patrimonio genetico da conservare, dall’altra è chiaro che le vigne vecchie producono meno, sono coltivate con forme di allevamento antiche e poco meccanizzabili, quindi difficili da coltivare. Allora perché coltivarle?
Le vecchie viti dai 40 agli 80 anni e oltre sono come abbiamo già detto un patrimonio in termini qualitativi: trasmettono le caratteristiche del terroir, testimoniano la storia di una specifica area produttiva e possono tramandarci varietà di uva uniche.
Sono piante delicate, soggette a varie malattie del legno e vanno gestite in modo attento e accurato, spesso a mano, con tecniche tradizionali, le rende capaci di produrre uve di alta qualità, perché dopo tanti anni le loro radici arrivano molto in profondità, dove trovano acqua e nutrienti costanti.
Le uve rosse provenienti da vigne vecchie avranno una maggiore concentrazione di pigmenti e nelle uve a bacca bianca gli acini tendono a diventare più piccoli, quindi più zuccherati e aromatici. I vini risultano profondi e strutturati, più materici, con più potenziale evolutivo e l’espressione più fedele del terreno in cui crescono.
E in questo contesto di territorio e qualità non dobbiamo dimenticare l’importanza delle vigne vecchie in in termini di biodiversità perché sono la memoria di come venivano gestite le vigne quando l’intervento della chimica era ridotto e il vignaiolo viveva in simbiosi con la sua vigna.