No, non parlo di origini intese come luogo perché il Lambrusco è da sempre allevato e prodotto in Emilia-Romagna nelle provincie di Modena, Parma e Reggio-Emilia. Mi riferisco alla sua essenza. Nella prima metà del Novecento il Lambrusco era un vino decisamente secco e, come succedeva per lo Champagne, la sua schiuma era prodotta mediante una seconda fermentazione in bottiglia. Negli anni 60 è stato introdotto il metodo Charmat e la produzione del Lambrusco aumenta tanto da farlo diventare uno dei principali prodotti italiani d’esportazione, soprattutto negli USA, dove però veniva pubblicizzato come fosse una bibita con le bollicine! Per fortuna, negli anni 90 si inizia a pensare di tornare alle origini del Lambrusco, alla sua natura più secca e consistente, meno dolce, dando il via al cambiamento che punta sulla qualità a scapito della quantità. Oggi la maggior parte del Lambrusco migliore non viene esportato: la parte che passa i confini non è DOC ma soprattutto non ha la qualità di quello che possiamo trovare sulle nostre tavole.
Ma facciamo un passo indietro: il termine Lambrusco indica sia una serie di vitigni a bacca nera, coltivati soprattutto in Emilia-Romagna e in Lombardia, nella provincia di Mantova e le testimonianze relative all’esistenza del Lambrusco girano intorno proprio all’origine del nome che, come accade per altri vitigni, è incerta. C’è chi dice che il nome derivi da labrum (margine dei campi) e ruscum (pianta spontanea) e quindi “la brusca” sarebbe quella vite che cresce incolta ai margini dei campi. Altri dicono sia la fusione dei termini labo (prendo) e ruscus (che punge il palato), da qui anche l’origine della parola “brusco” che identifica i vini giovani, con una contenuta acidità e tannini vivaci e gradevoli. Sicuramente già nel 1567 Andrea Bacci, medico e botanico afferma che “sulle colline di fronte alla città di Modena si coltivano lambrusche, uve rosse, che danno vini speziati, odorosi, spumeggianti per auree bollicine, qualora si versino nei bicchieri” ma bisogna poi attendere fino al 1867 per avere una suddivisione delle tipologie prevalenti dei vitigni coltivati: il lambrusco di Sorbara, il Salamino, il Grasparossa dai quali si ricaveranno tutti i vari tipi di Lambrusco.
Le uve Lambrusco sono utilizzate per produrre vini frizzanti e spumanti, che troviamo nelle varianti secco, amabile e dolce: in entrambe i casi abbiamo sia rossi che rosé. In genere il Lambrusco è un vino leggero, fresco e il tannino e l’effervescenza suoi tipici lo rendono particolarmente adatto ad accompagnare piatti grassi e succulenti, come lo sono i piatti della tradizione emiliana e romagnola. Nello specifico, il Lambrusco secco, sia spumante che frizzante, è perfetto con i salumi o i primi piatti tradizionali emiliani mentre la versione dolce, sia rosso che rosato, è un vino da dessert, vivace e profumato.
Il Lambrusco si presenta solitamente di un bel colore rosso rubino con intense sfumature violacee, con la spuma fine, spesso rosea nei rossi, evanescente nei frizzanti più persistente negli spumanti. Al naso il Lambrusco è intenso di frutta rossa, rose e spezie mentre al palato sprigiona tutta la sua freschezza e sapidità, soprattutto nelle versioni secche. Il contenuto alcolico non è elevato e i tannini non sono mai invadenti.
Il nostro Lambrusco è Lusvardi: biologico e spumeggiante per natura, senza forzature né correzioni, per salvaguardare le caratteristiche dei vitigni e della terra in cui crescono.