L’Aglianico è un vitigno a bacca rossa che produce alcuni tra i migliori vini rossi del nostro sud: trova il suo habitat ideale principalmente in Basilicata sui terreni dell’antico vulcano spento del Vulture, in Campania nelle zone di Benevento e Avellino e recentemente è stato introdotto anche in California e in Australia, dove è molto amato per la ricchezza e complessità del vino che produce. Restando in Italia, possiamo trovare queste uve anche in molti vini Doc di Molise, Puglia, Calabria.
Questo vitigno ama il sole, il vento, il clima collinare e gli inverni miti ma è il suolo la vera determinante: sono i terreni vulcanici, lavici, argillosi e calcarei che permettono a questo vitigno di esprimere al massimo le sue qualità, dando vita a vini complessi, corposi e concentrati.
L’Aglianico è uno dei vitigni più antichi d’Italia e come accade per molti vitigni “storici”, non è semplice stabilire con chiarezza la sua origine. C’è chi dice che siano stati i greci a portarlo in Italia, da qui il nome Ellenico mentre il nome attuale sembrerebbe da attribuire alla dominazione degli Aragonesi dove “Aglianico” deriverebbe dalla pronuncia spagnola di Ellenico.
L’unica cosa certa è l’altissima qualità di questo vino, tanto da essere soprannominato da alcuni Barolo del Sud, per metterne in evidenza appunto l’importanza in termini qualitativi e la capacità di mantenersi nel tempo evolvendo positivamente e acquisendo caratteristiche di pregio.
L’Aglianico è un vino rosso molto strutturato, corposo e con tannini acidi. Anche con l’invecchiamento non sarà mai un vino leggero ma sicuramente con il passare del tempo la sua spiccata acidità si ammorbidirà. Il profumo e il gusto sono intensi e fruttati di amarena, ciliegia e frutti rossi con note pepate e speziate mentre il colore è rosso rubino che con il tempo vira al granata. Quello che colpisce di questo vino è sicuramente la persistenza, motivo in più per non berlo giovane ma dargli il giusto tempo.
Possiamo dire che è il vino di chi sa aspettare, è una promessa di qualità che viene rispettata da secoli ma che ogni volta richiede il tempo di compiersi e che negli ultimi anni ha raccolto sempre più consensi.
Bere un Aglianico giovane è quasi un sacrilegio: per cominciare a esprimere le sue qualità deve invecchiare almeno dai 3 ai 5 anni – secondo la tipologia – ma si esprime al massimo dai 10 anni di invecchiamento in poi. L’affinamento avviene di solito in legno di quercia, ma viene utilizzata spesso anche la barrique, con conseguente potenziamento dei profumi.
Le qualità migliori di questo vitigno si sintetizzano in tre denominazioni di Aglianico DOGG, prodotte tra Campania e Basilicata, ognuna con il suo carattere ma con in comune il terreno vulcanico in cui nascono.
In Basilicata troviamo l’Aglianico del Vulture DOCG prodotto con uve Aglianico in purezza che deve invecchiare un anno: dopo 3 anni di affinamento si definisce “vecchio”, dopo 5 si parla di “riserva” e l’Aglianico del Taburno DOCG, un vino prodotto a partire da uve Aglianico (minimo 85%) nelle tipologie rosso, che invecchia almeno 2 anni, e il rosso riserva che invecchia almeno 3 anni di cui almeno 12 mesi in botti di legno e 6 mesi in bottiglia.
In Campania, in provincia di Avellino, sempre partendo da uve Aglianico (minimo 85%) troviamo il Taurasi che richiede invecchiamento obbligatorio di almeno tre anni, di cui almeno dodici mesi in botti di legno e il Taurasi Riserva che da disciplinare deve invecchiare almeno quattro anni, di cui almeno diciotto mesi in botti di legno.
E in tavola? Sembra strano ma abbinare un vino così strutturato è molto semplice perché i suoi tannini sgrassano la bocca: è perfetto quindi con carni rosse al forno o alla griglia, selvaggina e formaggi stagionati.
Qui trovate la nostra selezione di Aglianico